Da redazione del 05/09/2006
Fonte: GRnews
Incendio Nassiriya: Accame, "Un fax in dono all'addetto stampa della Difesa"
di Falco Accame
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Forse dovrò spedire un apparato fax all'addetto stampa in Iraq. Disponendone avrebbe potuto inviare direttamente (tra l'altro: scripta manent) le sue precisazioni al giornalista de Il Tempo o alla segretaria di redazione (non c'era bisogno di risposta vocale del destinatario). Ma non solo a Il Tempo, anche agli altri giornali che hanno dato la notizia tra cui, in ordine alfabetico: La Padania, La Repubblica, L'Unità, Liberazione, Il Manifesto, Il Messaggero, Il Secolo XIX. Ed anche al sito GrNews.it che ha fornito notizie dettagliate e assai rilevanti sulla vicenda prima che apparisse sui giornali.
E inoltre avrebbe potuto avvertire per iscritto la Procura Militare della Repubblica e gli altri organi competenti. Ma a parte le formalità burocratiche ciò che l'Ana-Vafaf ritiene fondamentale è il dare notizia tempestiva alle famiglie degli infortunati rimanendo in stretto contatto con loro. Malauguratamente, troppo spesso, queste famiglie sono considerate entità inesistenti (vedi casi uranio).All'opinione pubblica sarebbe stato doveroso rendere nota la notizia del rilevante atto di coraggio compiuto dal carabiniere che è ritornato nel luogo dell'incendio per salvare altre persone e premiare il carabiniere stesso. Il carabiniere apparteneva al noto reparto della Sardegna denominato “Cacciatori”. Questi esempi non vanno oscurati. Quanto alla scarsa correttezza dell'informazione militare cito solo tre casi recenti tra tanti:
1) - il Ministro della Difesa, in risposta ad interrogazioni parlamentari del senatore Russo Spena e dell'on. Ballaman, sul caso della morte del militare Salvatore Vacca in Sardegna per probabile contaminazione da uranio impoverito, affermò che mai l'uranio impoverito era stato usato in Bosnia. Solo dopo lunghe contestazioni da parte dell'Ana-Vafaf, il Ministero dovette ammettere che erano stati gettati oltre 10.000 proiettili all'uranio impoverito in Bosnia, di cui nessuno si era accorto ed i nostri militari (e anche i civili) erano rimasti per 6 anni, da quando le avevano adottate gli USA nell'ottobre 93 in Somalia, senza protezione.
2) - Quando in Iraq si sviluppò la battaglia dei 2 ponti e si sparò per errore sull'ambulanza. (Vi ricordate l'”Annichiliscilo!”), ciò che accadde effettivamente lo si venne a sapere solo dopo molto temo da fonte esterna. Eppure vi erano stati dei morti tra i civili.
3) - Cito per ultimo il fatto sconcertante che il Ministero della Difesa in risposta a numero interrogazioni parlamentari ha negato, e ancora oggi nega, che sia esistita una cosiddetta “Gladio all'estero”quando sin dal 2 aprile 97 l'on. Pisanu in una intervista su Il Corriere della Sera ne aveva confermato l'esistenza, nonché l'efficienza. Un fatto questo gravissimo, non solo per la negazione dell'esistenza di una struttura clandestina, ancora oggi rimasta tale, ma perché legata ad un episodio che ha a che fare con la strage di via Fani del 16 marzo 78. Infatti un gladiatore, Antonino Arconte di Oristano, addestrato a Comsubim a La Spezia venne inviato a Beirut dove risiedeva il colonnello Giovannone, con un messaggio che lasciava presumere che organi dello Stato fossero stati preventivamente al corrente dell'attentato. Fu un giornalista de Il Tempo, Stefano Mannucci, nel giugno 2000, a rendere nota l'esistenza di tale componente di Gladio, taciuta in Parlamento. A via Fani vennero uccisi 5 agenti, 2 carabinieri e 3 poliziotti, della scorta dell'on. Moro. Sul più drammatico episodio della storia politica del nostro Paese sono state negate informazioni basilari. Anche da questi casi emerge la necessità
E inoltre avrebbe potuto avvertire per iscritto la Procura Militare della Repubblica e gli altri organi competenti. Ma a parte le formalità burocratiche ciò che l'Ana-Vafaf ritiene fondamentale è il dare notizia tempestiva alle famiglie degli infortunati rimanendo in stretto contatto con loro. Malauguratamente, troppo spesso, queste famiglie sono considerate entità inesistenti (vedi casi uranio).All'opinione pubblica sarebbe stato doveroso rendere nota la notizia del rilevante atto di coraggio compiuto dal carabiniere che è ritornato nel luogo dell'incendio per salvare altre persone e premiare il carabiniere stesso. Il carabiniere apparteneva al noto reparto della Sardegna denominato “Cacciatori”. Questi esempi non vanno oscurati. Quanto alla scarsa correttezza dell'informazione militare cito solo tre casi recenti tra tanti:
1) - il Ministro della Difesa, in risposta ad interrogazioni parlamentari del senatore Russo Spena e dell'on. Ballaman, sul caso della morte del militare Salvatore Vacca in Sardegna per probabile contaminazione da uranio impoverito, affermò che mai l'uranio impoverito era stato usato in Bosnia. Solo dopo lunghe contestazioni da parte dell'Ana-Vafaf, il Ministero dovette ammettere che erano stati gettati oltre 10.000 proiettili all'uranio impoverito in Bosnia, di cui nessuno si era accorto ed i nostri militari (e anche i civili) erano rimasti per 6 anni, da quando le avevano adottate gli USA nell'ottobre 93 in Somalia, senza protezione.
2) - Quando in Iraq si sviluppò la battaglia dei 2 ponti e si sparò per errore sull'ambulanza. (Vi ricordate l'”Annichiliscilo!”), ciò che accadde effettivamente lo si venne a sapere solo dopo molto temo da fonte esterna. Eppure vi erano stati dei morti tra i civili.
3) - Cito per ultimo il fatto sconcertante che il Ministero della Difesa in risposta a numero interrogazioni parlamentari ha negato, e ancora oggi nega, che sia esistita una cosiddetta “Gladio all'estero”quando sin dal 2 aprile 97 l'on. Pisanu in una intervista su Il Corriere della Sera ne aveva confermato l'esistenza, nonché l'efficienza. Un fatto questo gravissimo, non solo per la negazione dell'esistenza di una struttura clandestina, ancora oggi rimasta tale, ma perché legata ad un episodio che ha a che fare con la strage di via Fani del 16 marzo 78. Infatti un gladiatore, Antonino Arconte di Oristano, addestrato a Comsubim a La Spezia venne inviato a Beirut dove risiedeva il colonnello Giovannone, con un messaggio che lasciava presumere che organi dello Stato fossero stati preventivamente al corrente dell'attentato. Fu un giornalista de Il Tempo, Stefano Mannucci, nel giugno 2000, a rendere nota l'esistenza di tale componente di Gladio, taciuta in Parlamento. A via Fani vennero uccisi 5 agenti, 2 carabinieri e 3 poliziotti, della scorta dell'on. Moro. Sul più drammatico episodio della storia politica del nostro Paese sono state negate informazioni basilari. Anche da questi casi emerge la necessità
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