Da Misteri D'Italia del 09/11/2004

Giallo di via Poma, nuove rivelazioni

Una macchiolina di sangue trovata in un lavatoio e rimasta lì per 14 anni; un misterioso amore ancora oggi nascosto nell’ombra; i versi di una canzone di Lucio Battisti scambiati per riflessioni sentimentali di una giovane donna; una scatola di contraccettivi e poi indumenti intimi della vittima che scompaiono e ricompaiono; l’interrogatorio del suo datore di lavoro e perfino un agente segreto del SISDE, amico di quest’ultimo, che - guarda caso - arriva per primo sulla scena del delitto.

Sono questi i nuovi ingredienti di un giallo che sembra essere stato tirato fuori dal freezer e che la procura di Roma sta tentando di rianimare dopo anni e anni di fallimenti investigativi.

Stiamo parlando del giallo di via Poma: in un palazzo di quella strada romana, il 7 agosto 1990, fu trovato il corpo senza vita di Simonetta Cesaroni, 20 anni, impiegata a tempo determinato in una società di gestione di ostelli della gioventù con oscuri legami con il mondo dello spionaggio. A più di 14 anni di distanza, il giallo di via Poma torna alla ribalta: nuovi indizi, nuovi esami scientifici, nuove speranze di risolvere un rebus all’apparenza insolubile.

Tutto è cominciato dalla scoperta di una macchiolina quasi invisibile di sangue nel lavatoio del palazzo di via Poma, prova possibile che l’assassino di Simonetta si sia lavato le mani prima di fuggire, seguendo un percorso che attraverso i solai ed il terrazzo permette di uscire sulla strada senza dover attraversare l’androne principale.

Ora quella macchiolina è all’esame della sezione scientifica dei carabinieri (RACIS) che dovrà stabilire se appartiene alla ragazza uccisa oppure se si tratti del sangue misto della vittima con quello dell’assassino.

Ma chi ha trovato quella macchiolina? Perché nessun investigatore, 14 anni fa, si era spinto alla ricerca di tracce ed indizi fino al lavatoio?

Secondo elemento buono a riaprire le indagini: Salvatore Volponi. Chi è? E’ l’ex datore di lavoro della Cesaroni. Volponi sta scrivendo un libro (“Io, via Poma e Simonetta”) proprio sul giallo di via Poma. Il suo editore ne parla in giro e i magistrati romani lo convocano. Volponi racconta due cose molto interessanti. Primo: Simonetta, dopo aver avuto una crisi sentimentale, era innamorata di un altro. Come fa il suo ex datore a saperlo? Mistero.

Secondo elemento: quello scritto a suo tempo trovato nella borsetta di Simonetta non era un appunto qualsiasi, ma i versi di una canzone di Lucio Battisti. Eccone il testo:


“E per che cosa mi dovrei pentire di giocare con la vita, di prenderla per la coda? Tanto un giorno dovrà finire, tanto all'eterno ci ho già pensato, eterno è anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato”.


C’è poi quella scatola di pillole contraccettive, con tanto di ricetta medica, trovata sempre nella borsetta di Simonetta e di cui all’epoca del delitto non si parlò.

Altro particolare sconcertante: la sparizione e poi il ritrovamento dei pochi indumenti trovati addosso al cadavere, un reggiseno, un corpetto e un paio di calzini, ossia gli unici indumenti che coprivano il corpo di Simonetta uccisa da 29 coltellate. Dove erano finiti? Perché non erano più nel repertorio delle prove? Quegli indumenti, oggi, con le nuove tecniche scientifiche, diventano importanti ed il fatto che siano stati, con ogni probabilità, inquinati da altre mani non è un buon viatico per la nuova inchiesta.

Nuova inchiesta che si baserà anche sull’esame di un'anta di una libreria che si trovava nella stanza dove fu uccisa Simonetta, della cornice del vetro di un quadro che è rimasto macchiato di sangue quando la ragazza fu accoltellata a morte, oltre ad una tazzina, un bicchiere e un mozzicone di sigaretta.

C’è infine una presenza inquietante che emerge, anch’essa, a 14 anni di distanza dal delitto. Emerge grazie ad un’intervista pubblicata dal settimanale Gente. E’ quella a Sergio Costa, 45 anni, vicequestore, dal 1982 al 1996 in servizio al SISDE e all'epoca del delitto in servizio alla questura di Roma.

“La sera del 7 agosto 1990 feci io il primo sopralluogo nell'appartamento di Via Poma 2, dove venne assassinata Simonetta Cesaroni - ha raccontato Costa - Ricordo benissimo lo stato penoso in cui versava il corpo della ragazza, la ferita alla testa e il resto”.

“All'epoca - ha detto ancora Costa, genero dell'ex capo del SISDE, all’epoca capo della Polizia Vincenzo Parisi, morto nel 1995 - non ero al SISDE, perché qualche mese prima mi avevano trasferito alla Questura di Roma. Per cui quando andai non vestivo le funzioni di agente dei servizi, ma quelle, più modeste, di responsabile di una centrale operativa. Io ero il poliziotto che ricevette la chiamata del 113 e mi attivai precipitandomi con un collega, l'ispettore Gianni Pitzalis, sul luogo dell'omicidio”.

Ci sono, a proposito di questa presenza, una coincidenza ed una incongruenza. La coincidenza ci riporta al delitto dell’Olgiata, successivo di un anno, quello in cui venne uccisa la contessa Alberica Filo della Torre. Anche in quel caso il primo ad arrivare sulla scena del delitto fu un funzionario del SISDE, Michele Finocchi. L’incongruenza è che il responsabile di una centrale operativa non va mai sul luogo di un delitto, ma, semmai, coordina l’invio di volanti e funzionari. Allora perché Costa si recò proprio in quell’appartamento di via Poma? La spiegazione sta forse nel

fatto che Costa conosceva bene il presidente dell'AIG, l'Associazione ostelli della gioventù, per la quale Simonetta lavorava e nei cui uffici fu uccisa. E chi era il proprietario dell’AIG: semplice, Salvatore Volponi, proprio l’uomo che sta scrivendo un libro sulla vicenda e dal cui interrogatorio in procura le indagini sul delitto di via Poma hanno preso nuovo abbrivio. E, per ora, il cerchio si chiude.

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