Da Agi del 16/05/2005
Mafia: Covo Riina, Ultimo in aula: "Era utile proseguire osservazione"
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Palermo. "Ultimo" c'e'. In aula. Protetto da un paravento, seduto accanto al suo avvocato Francesco Romito e ai legali del generale Mori (Piero Milio e Vincenzo Musco).
Nelle udienze precedenti del processo per la mancata perquisizione nel covo del boss Toto' Riina, in cui e' imputato assieme al diretore del Sisde, Mario Mori, il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio (l'ex "capitano ultimo") aveva preferito non partecipare. Era nel palazzo ma non in aula. Oggi invece si'. E assiste alla deposizione del colonnello dei carabinieri Domenico Balsamo, nel '93, capitano dell'Arma, che lavoro' al suo fianco nelle indagini che portarono all'individuazione della famigerata villa nel residence di via Bernini, in cui abitava il boss con la sua famiglia. Balsamo - rispondendo alle domande del pm Antonio Ingroia - ha ricostruito quei momenti, dall'arresto di Baldassare Di Maggio a Novara, alla decisione di qusti di collaborare con la giustizia, fino all'arresto di Riina il 15 gennaio del '93 e alla decisione di non eseguire alcuna perquisizione immediata nella villa: "Con Ultimo valutammo che era opportuno - ha confermato in aula l'ufficile - non eseguire immediatamente la perquisizione della villa perche' pensavamo che era utile proseguire con l'attivita' di osservazione al fine di individuare soggetti di spicco di cosa nostra. D'altronde il Ros era gia' arrivato al residence. La squadra di Ultimo percepi' l'importanza dei Sansone, ritenuti personaggi di spicco della cosca di Uditore. Il neo pentito Di Maggio non parlo' mai del residence o di via Bernini. Ci disse - ha aggiunto Balsamo - che la zona in cui incontrava Riina era un'area compresa tra il Motel Agip e la via Leonardo da Vinci".
Balsamo conferma anche che fu avviata un'attivita' di osservazione con un furgone appostato dinanzi al residence e che tra la sera e la notte del 14 gennaio 1993 "io e il capitano De Caprio e Baldassarre Di Maggio passammo tutto il tempo, tante ore, forse otto, dinanzi al video ad osservare le videocassette registrate dalla telecamera piazzata dinanzi all'ingresso del residence" Quella notte Di Maggio riconobbe Vincenzo Di Marco, ritenuto il "giardiniere" di Riina, su un automobile, a bordo della quale c'erano pure la moglie del boss Ninetta Bagarella e forse anche i figli. "Per questo motivo - ha proseguito - l'indomani mattina fu deciso che sul furgone sarebbe andato anche Di Maggio. Per confermare in tempo reale eventuali passaggi di Riina o riconoscere la moglie del boss".
Ma Balsamo ha anche detto che lui seppe della cattura del capomafia il 15 gennaio del 1993 in seguito alla "comunicazione giunta dalla radio di servizio e riferita dal mio autista. Fino alla mattina del 15 gennaio - ha aggiunto - De Caprio sosteneva l'utilita' di non effettuare alcuna perquisizione. Una tesi che fu avallata dall'allora procuratore aggiunto Vittorio Aliquo' e dal pm di turno Patronaggio". Certamente, si discusse, su questo. Se e' vero - come ha confermato il maresciallo Merenda, allora nella compagnia di Monreale - che "quella mattina fui richiamato in servizio perche' dovevamo procedere alla perquisizione della villa di Riina. Eravamo in attesa, nell'atrio della caserma del comando regionale Sicilia. Ma dopo un paio di ore - ha detto - quell'ordine non arrivo'. Anzi' ci dissero che l'operazione era stata annullata perche' sul posto c'erano ancora attivita' in corso. In particolare - ha ricordato - c'era ancora Baldassare Di Maggio sul furgone piazzato davanti al residence". Merenda poi partecipo' alla perquisizione della villa, eseguita il 2 febbraio dello stesso anno: "I mobili erano accatastati al centro della stanza. La casa sembrava disabitata da giorni, da settimane. Sembrava che fossero in corso lavori di ristrutturazione". Dopo una breve pausa e' stato il colonnello De Caprio, l'ex capitano Ultimo, a prendere la parola per rendere dichiarazioni spontanee: "volevo precisare - ha detto, protetto da un paravento e guardato a vista da un militare - che quando capii che c'era la volonta' di procedere alla perquisizione della villa, feci presente dal mio punto di vista, di investigatore, che proseguire con l'attivita' di osservazione sarebbe stato utile per dare un ulteriore colpo a Cosa nostra, quanto meno dal punto di vista economico, finanziario e organizzativo, considerando lo spessore ricoperto dai fratelli Sanzone, in seno all'organizzazione stessa".
Nelle udienze precedenti del processo per la mancata perquisizione nel covo del boss Toto' Riina, in cui e' imputato assieme al diretore del Sisde, Mario Mori, il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio (l'ex "capitano ultimo") aveva preferito non partecipare. Era nel palazzo ma non in aula. Oggi invece si'. E assiste alla deposizione del colonnello dei carabinieri Domenico Balsamo, nel '93, capitano dell'Arma, che lavoro' al suo fianco nelle indagini che portarono all'individuazione della famigerata villa nel residence di via Bernini, in cui abitava il boss con la sua famiglia. Balsamo - rispondendo alle domande del pm Antonio Ingroia - ha ricostruito quei momenti, dall'arresto di Baldassare Di Maggio a Novara, alla decisione di qusti di collaborare con la giustizia, fino all'arresto di Riina il 15 gennaio del '93 e alla decisione di non eseguire alcuna perquisizione immediata nella villa: "Con Ultimo valutammo che era opportuno - ha confermato in aula l'ufficile - non eseguire immediatamente la perquisizione della villa perche' pensavamo che era utile proseguire con l'attivita' di osservazione al fine di individuare soggetti di spicco di cosa nostra. D'altronde il Ros era gia' arrivato al residence. La squadra di Ultimo percepi' l'importanza dei Sansone, ritenuti personaggi di spicco della cosca di Uditore. Il neo pentito Di Maggio non parlo' mai del residence o di via Bernini. Ci disse - ha aggiunto Balsamo - che la zona in cui incontrava Riina era un'area compresa tra il Motel Agip e la via Leonardo da Vinci".
Balsamo conferma anche che fu avviata un'attivita' di osservazione con un furgone appostato dinanzi al residence e che tra la sera e la notte del 14 gennaio 1993 "io e il capitano De Caprio e Baldassarre Di Maggio passammo tutto il tempo, tante ore, forse otto, dinanzi al video ad osservare le videocassette registrate dalla telecamera piazzata dinanzi all'ingresso del residence" Quella notte Di Maggio riconobbe Vincenzo Di Marco, ritenuto il "giardiniere" di Riina, su un automobile, a bordo della quale c'erano pure la moglie del boss Ninetta Bagarella e forse anche i figli. "Per questo motivo - ha proseguito - l'indomani mattina fu deciso che sul furgone sarebbe andato anche Di Maggio. Per confermare in tempo reale eventuali passaggi di Riina o riconoscere la moglie del boss".
Ma Balsamo ha anche detto che lui seppe della cattura del capomafia il 15 gennaio del 1993 in seguito alla "comunicazione giunta dalla radio di servizio e riferita dal mio autista. Fino alla mattina del 15 gennaio - ha aggiunto - De Caprio sosteneva l'utilita' di non effettuare alcuna perquisizione. Una tesi che fu avallata dall'allora procuratore aggiunto Vittorio Aliquo' e dal pm di turno Patronaggio". Certamente, si discusse, su questo. Se e' vero - come ha confermato il maresciallo Merenda, allora nella compagnia di Monreale - che "quella mattina fui richiamato in servizio perche' dovevamo procedere alla perquisizione della villa di Riina. Eravamo in attesa, nell'atrio della caserma del comando regionale Sicilia. Ma dopo un paio di ore - ha detto - quell'ordine non arrivo'. Anzi' ci dissero che l'operazione era stata annullata perche' sul posto c'erano ancora attivita' in corso. In particolare - ha ricordato - c'era ancora Baldassare Di Maggio sul furgone piazzato davanti al residence". Merenda poi partecipo' alla perquisizione della villa, eseguita il 2 febbraio dello stesso anno: "I mobili erano accatastati al centro della stanza. La casa sembrava disabitata da giorni, da settimane. Sembrava che fossero in corso lavori di ristrutturazione". Dopo una breve pausa e' stato il colonnello De Caprio, l'ex capitano Ultimo, a prendere la parola per rendere dichiarazioni spontanee: "volevo precisare - ha detto, protetto da un paravento e guardato a vista da un militare - che quando capii che c'era la volonta' di procedere alla perquisizione della villa, feci presente dal mio punto di vista, di investigatore, che proseguire con l'attivita' di osservazione sarebbe stato utile per dare un ulteriore colpo a Cosa nostra, quanto meno dal punto di vista economico, finanziario e organizzativo, considerando lo spessore ricoperto dai fratelli Sanzone, in seno all'organizzazione stessa".
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