Da redazione del 17/05/2005

Varese News

La globalizzazione aiuta la mafia

Al Salone Estense, in una serata organizzata da Libera, ne hanno discusso Giancarlo Caselli e il questore di Piacenza Piero Innocenti
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Storia del crimine organizzato in Italia1. Mafia
«Chi indaga sulla mondializzazione delle mafie prima o poi incappa in un paradiso fiscale e lì ti scontri con un muro. Ci sono piazze sconfinate utili alla criminalità organizzata». Le parole di Giancarlo Caselli risuonano cristalline e ferme nel Salone Estense di Varese. L'occasione è la serata organizzata da Libera sul tema "La mondializzazione delle mafie".
La mafia succhia ingenti risorse e le ricicla dove circolano molti soldi, lasciando dietro di sé povertà, degrado, mancanza di lavoro e poche prospettive di sviluppo. Cosa Nostra si è evoluta perché la mondializzazione è nel suo dna. Non spostava forse risorse umane ed economiche, da un continente all'altro, ben prima dell'avvento della fibra ottica? La differenza rispetto a prima è che non si mette più la coppola e anziché di sola lupara si arma anche di computer. E così lavare capitali sporchi e confonderli con il denaro onesto, grazie alla moneta telematica, è diventato un gioco da ragazzi.
«Non esistono zone franche nel riciclaggio - spiega Caselli -. Giovanni Falcone fu profetico, perché lo diceva molti anni prima che si parlasse di globalizzazione: la mafia uccide a Palermo e investe a Milano, Francoforte, Londra e New York. Già allora aveva una dimensione transnazionale, figuriamoci adesso che grazie all'informatica si muovono immense quantità di danaro premendo un semplice tasto».


Il fatto che in Sicilia non ci siano morti ammazzati non deve tranquillizzare troppo. La pax mafiosa è preoccupante quanto il crepitio delle armi. Di mafia, però, non si parla quasi più. C'è la tendenza a minimizzare o a negare. Un fatto ciclico, secondo, Piero Innocenti, questore di Piacenza e autore del libro "La mondializzazione delle mafie". Anche lui, come Caselli, il fenomeno lo conosce bene: sei anni a Palermo, nel periodo caldo,dal 1985 al 1991, e poi in giro per il Continente sudamericano: Colombia, Panama, Argentina e Nicaragua, per studiare i narcotrafficanti e la rete di contatti con la mafia italiana. «Minimizzare il fenomeno fa parte della storia della mafia. Non bisogna allentare la guardia soprattutto sui legami con la politica. Io appena ero arrivato a Palermo stavo in un ufficio di polizia ad alta mafiosità, venni invitato a cena dall'onorevole Salvo Lima e mi ritrovai in una serata con molti potenti, dove si cercava di introdurmi agli amici degli amici. La mafia cerca questa connessione con la politica perché è funzionale al suo gioco e i magistrati che lo denunciano sono costretti a sopportare attacchi e contumelie».


In Italia si stanno facendo largo anche le mafie straniere a partire da quella russa, nigeriana e albanese che controllano perlopiù la prostituzione e la tratta dei clandestini. Il mercato della droga è ancora saldamente in mano agli italiani, in particolare alla 'ndrangheta calabrese, anche se i siciliani mantengono ancora un ruolo di spicco. Nel nostro Paese, solo nell'ultimo anno sono state sequestrate 50 tonnellate di stupefacenti, il 15 per cento dell'intero mercato nazionale.
Come combattere tutto questo? Caselli cita una frase del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, pronunciata in un'intervista rilasciata, pochi giorni prima di essere ammazzato, a Giorgio Bocca, allora giornalista di Repubblica: «La mafia la si sconfigge se lo Stato soddisfa i diritti dei cittadini».
Diritti e lavoro contro illegalità e sfruttamento.

Michele Mancino

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