Da Reuters del 06/10/2005

Reuters Italia

Processo Calvi al 23/11, Carboni: "Avevo interesse che vivesse"

La seconda corte d'assise di Roma ha rinviato oggi al 23 novembre il processo per la morte del banchiere Roberto Calvi, coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano e trovato impiccato a Londra nel giugno 1982, mentre il principale imputato per omicidio, il finanziere Flavio Carboni, ha detto di non avere mai avuto alcun interesse che Calvi fosse ammazzato.

Nell'udienza odierna, la corte presieduta da Mario d'Andria ha preso atto della riunificazione al troncone principale del processo contro Silvano Vittor, un ex contrabbandiere accusato di concorso volontario nell'omicidio e ha disposto la prossima udienza al 23 novembre, quando saranno trattate le questioni preliminari.

Già rinviati a giudizio con l'ipotesi di omicidio aggravato premeditato sono, oltre a Carboni e la sua ex compagna Manuela Kleinszig, l'ex cassiere della mafia Pippo Calò e l'ex boss della banda della Magliana Ernesto Diotallevi.

Calò, in carcere dal 1985 per scontare diversi ergastoli, era collegato all'aula del processo in videoconferenza, mentre l'unico imputato presente era Carboni.

" Finalmente questa è l'occasione il luogo giusto per porre fine a 23 anni di chiacchiere. Non c'è nessuna prova contro di noi", ha detto Carboni ai giornalisti a margine dell'udienza, riferendosi a lui e a Kleinszig.

"Ritengo che (Calvi) si sia suicidato, saranno il tribunale e i periti a stabilirsi, comunque, suicidato o ucciso, rimango indifferente".

"Secondo me Calvi aveva tutti i motivi per suicidarsi, allucinante è il mio capo di imputazione, avevo interesse che Calvi vivesse, allora perché avrei dovuto ucciderlo?", ha detto Carboni, definendo le presunte prove dei rapporti tra la mafia e Calvi "illazioni dei pentiti.

UN LUNGO ITER PROCESSUALE

Calvi, soprannominato "banchiere di Dio" per i suoi stretti legami con la finanza del Vaticano, fu trovato impiccato ad un'impalcatura sotto il ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982, con alcuni mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso.

Inizialmente la morte del banchiere era stata archiviata come suicidio dalla procura di Milano. Nel 1992, però, la Cassazione decise il trasferimento dell'inchiesta dal capoluogo lombardo a Roma, la cui procura venne in possesso di nuovi elementi per aprire una nuova indagine per omicidio volontario e premeditato.

Nel 1997 il gip del tribunale di Roma Mario Almerighi emise un'ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di omicidio a carico di Calò e Carboni come presunti mandanti del delitto Calvi.

L'ipotesi dell'accusa era che Calvi fosse stato ucciso da Cosa Nostra perché impossessatosi del denaro del piduista Licio Gelli e dello stesso Calò.

Nel 1998 Otello Lupacchini, il gip del tribunale di Roma subentrato ad Almerighi, ordinò una nuova perizia sulle cause della morte di Calvi. Fu questa perizia a stabilire che l'ex presidente del banco Ambrosiano non si suicidò, ma fu invece assassinato.

Secondo i periti, fu ucciso in una discarica a 100 metri dal ponte "dei Frati Neri" e successivamente fu inscenato il suicidio.

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