Da IMG Press del 13/11/2005
LA STORIA DI MAFIA: PER CHI CANTA LUPARA BIANCA
ANCHE I POLITICI FINISCONO NEL MIRINO. FRA SPARI IN STRADA E MISTERIOSE SCOMPARSE
Di Marco Lillo
Ancora nessuna notizia dei pensionati scomparsi. Il titolo criptico figura a pagina 12 della Gazzetta del Sud del 2 febbraio scorso. Il quotidiano di Reggio Calabria raccontava in 30 righe la strana storia dei due anziani dispersi sulle colline. La vera notizia, però, era nascosta tra parentesi alla terza riga: uno dei due non è un semplice pensionato, ma il padre di Alessandro Nicolò, coordinatore provinciale di Forza Italia e assessore al Comune di Reggio. Pietro Nicolò, 71 anni, è uscito di casa il 28 gennaio con il suo amico Antonino Morabito di 65 anni e non è mai tornato. Decine di agenti e cani poliziotto hanno perlustrato le colline di Mosorrofa. Inutilmente. Neanche gli elicotteri e i satelliti sono riusciti a trovare una traccia dell'Opel Corsa su cui i due viaggiavano. Secondo la Gazzetta, «il ventaglio delle ipotesi è largo». Il ventaglio in realtà si stringe in una domanda: Nicolò e Morabito sono stati uccisi dalla 'ndrangheta? Il sindaco Giuseppe Scopelliti di An, preferisce non entrare nel merito: «Non mi sembra elegante in questo momento formulare supposizioni o peggio illazioni». Il responsabile giustizia del suo partito, l'avvocato Antonino Aloi, invece rompe il tabù: «Sembra proprio lupara bianca». Eccole le due parole che fanno correre un brivido lungo la schiena della politica reggina. Un brivido che si è fatto gelido dopo lo sparo contro la casa dell'assessore regionale alla cultura Saverio Zavattieri, lievemente ferito da una scheggia domenica 22 febbraio. Il politico socialista stava chiacchierando con il fratello nella sua casa di Bova Marina in provincia di Reggio, quando un colpo di fucile ha mandato in frantumi la sua vetrata antiproiettile e la bella favola della 'ndrangheta in ginocchio. I due fatti misteriosi che hanno colpito i politici del centro-destra suonano il triste controcanto all'uno-due messo a segno nelle stesse ore dallo Stato. Il primo colpo, certamente il più forte, lo ha battuto il Ros dei Carabinieri guidato dal generale Giampaolo Ganzer: il 18 febbraio è stato arrestato il boss Giuseppe Morabito che estendeva la sua influenza da Africo fino all'Università di Messina. Ai carabinieri ha risposto la squadra mobile di Reggio, coordinata dal pm Francesco Mollace, con l'arresto di Orazio De Stefano dell'omonimo clan che domina la città insieme agli ex rivali, i Condello. Arresti importanti che però non nascondono i casi di Nicolò e Zavettieri e un'insolita sequenza di omicidi. Dopo un decennio di pax mafiosa, la 'ndrangheta ricomincia a sparare. Il 19 dicembre cadono il presunto affiliato Nino Portafortuna, e il presunto boss di San Giovannello, Mario Audino. Il 9 febbraio tocca al boss di Pellaro, Gregorio Riggio, 55 anni, e al suo giovane killer, Natale Laurendi, vittima del "fuoco amico". Lo stesso giorno sparano a Giuseppe Femia, parente di un pentito. «Qualcosa si sta muovendo», dice il sostituto procuratore Francesco Mollace che coordina le maggiori inchieste sul fronte reggino: «Non siamo assistendo a una riedizione della lotta tra i clan dominanti De Stefano e Condello, ma a un mutamento dei rapporti di forza interni alle famiglie». Ma più degli spari «il fatto che atterrisce tutti noi», come dice Antonino Aloi di An, è la sparizione silenziosa di Nicolò. Pietro Nicolò era stato processato e assolto per associazione mafiosa alla fine degli anni Novanta. Per i pentiti faceva parte del raggruppamento guidato dai De Stefano. Il caso Zavettieri è diverso. Ex deputato, membro della direzione socialista ai tempi di Craxi, Zavettieri è stato nominato dal presidente della Regione Chiaravalloti assessore all'Istruzione e alla Legalità. Nel 1992, un suo cugino socialista era stato ucciso dalle cosche e Zavettieri aveva detto: «Mi dimetto da deputato se qualcuno dimostra che era legato alla 'ndrangheta». Non se ne è più saputo nulla. Anche nel 1988 il politico socialista aveva visto la morte da vicino. Mentre si allontanava da un incontro con Zavettieri e altri socialisti, l'imprenditore Giuseppe Galluccio fu ucciso da killer ignoti. Lunedì scorso il colpo invece era diretto contro di lui. Ma non voleva uccidere. Dopo l'attentato, Zavettieri ha incasssato la solidarietà dei Ds. Mentre Adriana Musella, ex coordinatrice dell'Osservatorio antimafia chiuso da Zavettieri, non vuole commentare e preferisce tracciare un'analisi generale sulla regione: «Il vero problema della Calabria è l'intreccio tra massoneria, affari, politica e criminalità che crea una cappa che condiziona molti esponenti di destra come di sinistra». Anche per il Procuratore generale di Reggio Calabria, Giovanni Marletta, «la mafia è padrona dell'economia». Il 18 gennaio nella sua relazione inaugurale all'anno giudiziario, Marletta ha pronunciato parole dure come pietre: «Nella provincia di Reggio Calabria...
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