Da Panorama del 11/10/2004

Quell'Aurora eversiva che sorge su Milano

Un giornale clandestino che incita all'insurrezione armata. In contrasto con le nuove Br, ma anche con i no global. È stato scoperto nel capoluogo lombardo e ora si cercano i cattivi maestri. Tra gli ideologi degli anni 80

di Giacomo Amadori

Milano da sparare. E fabbriche da conquistare. Dopo anni di tranquillità nel capoluogo lombardo si torna a respirare un'aria di eversione. A vent'anni dalla chiusura dell'esperienza della colonna br Walter Alasia, quella che predicava «il sindacalismo armato», in città c'è chi vorrebbe riportare l'orologio indietro a quegli anni, ritornare a colpire sui luoghi di lavoro, come l'Alasia aveva fatto alla Falck, all'Alfa Romeo, al Policlinico. La guerriglia come ricetta per risolvere i conflitti tra dirigenti e dipendenti, un messaggio «politico» da diffondere il più possibile in corsia e catena di montaggio. Una strategia distante dalla guerra quasi privata delle nuove Br, da poco sbaragliate dalla polizia.

Per ora è solo un incubo lontano, ma gli investigatori sono vigili. Soprattutto dopo la scoperta di un giornale clandestino dai contenuti minacciosi e dal nome emblematico: Aurora, come l'incrociatore che il 7 novembre 1917 annunciò con i colpi dei suoi cannoni l'avvio della rivoluzione bolscevica. Nella testata compare una stella a cinque punte e sotto la dicitura: «Foglio di propaganda per la costruzione del Partito comunista politico-militare». Praticamente un manifesto. Uno strano opuscolo di cui gli uomini della Digos milanese hanno raccolto sino a oggi due numeri, lo zero dell'estate 2002 e l'uno della primavera 2004.

Una produzione faticosa che testimonia la difficoltà a diffondere il nuovo verbo terrorista, ma da non sottovalutare. Lì, tra quelle pagine, c'è il programma degli aspiranti guerriglieri che, con stile a tratti persino brillante, spiegano chi siano (titolo dell'editoriale «Ci presentiamo») e sottolineano i loro obiettivi: «Il punto di arrivo è l'insurrezione armata della massa proletaria contro lo stato borghese». L'insurrezione predicata vent'anni fa dai br scissionisti di «Seconda posizione».

Semplice a dirsi, molto più difficile da realizzare nella Milano del 2004, quella delle giornate della moda e del benessere diffuso. Ma anche della guerra in Iraq e della recessione economica. Per questo i redattori con la pistola non si scoraggiano e cercano di armare la protesta, scegliendo lo strumento del giornale clandestino, da «consegnare personalmente solo ai compagni di cui vi fidate», da inviare «all'indirizzo di sedi, di circoli od organismi collettivi di settori di avanguardia della classe». Il giornale va lasciato in luoghi frequentati da operai e conservato il tempo necessario per la diffusione, «al riparo dalla curiosità sbirresca». Poi bisogna registrare i commenti, «verificare come è stato accolto».

Un esempio di marketing eversivo da applicare al mondo del lavoro, l'Eldorado dei nuovi avanguardisti: «In ogni singola fabbrica e in ogni singolo posto di lavoro bisogna (...) imboccare la strada della rivoluzione: le cellule comuniste di fabbrica». Una linea operaista in sintonia con l'armamentario ideologico delle vecchie Br, come conferma il lessico degli scrivani: dal baubau dello «stato borghese» e dell'«imperialismo Usa» al sogno della «guerra popolare prolungata». Mai una parola su temi del Terzo millennio come la mondializzazione e il pacifismo: il pensiero no global non abita qui.

Di recente i quotidiani hanno parlato di possibili reclutamenti br tra i giovani dei centri sociali. In realtà, i nuovi cattivi maestri non sembrano eccitati dalla piazza e non stravedono per i movimenti. Secondo gli investigatori hanno tentato, inutilmente, di diffondere le loro idee tra i lavoratori più arrabbiati, di salire sulle barricate degli scioperi selvaggi. Con il mondo antagonista condividono la protesta contro la guerra in Iraq. Da Aurora esplodono bordate contro le «truppe imperialiste», comprese quelle tricolori, e si inneggia alla «resistenza armata irachena e palestinese». In cima alla lista dei nemici, insieme con il riformismo e la sinistra borghese, restano americani («Yankee go home») e israeliani. Esattamente come trent'anni fa.

La stella polare dei redattori clandestini rimane «l'esperienza delle Br», in particolare le tesi di «Seconda posizione», diverse da quelle portate avanti da Nadia Lioce e compagni. Eppure gli autori dell'opuscolo, pur con alcuni distinguo, applaudono l'omicidio di Marco Biagi: «È sicuramente un fatto positivo». Tra i possibili alleati citano i guerriglieri comunisti di mezzo mondo, dal Perù al Nepal, dall'India alle Filippine, e concentrano l'attenzione sulla Turchia, dove si agita un movimento rivoluzionario «che per molti aspetti ci è più vicino».

Ma da dove arrivano i bolscevichi di «Aurora»? Per ora gli investigatori non sanno rispondere. Di certo questo documento è in linea con l'attività delle due sigle terroristiche marxiste attualmente in attività a Milano, il Fronte rivoluzionario per il comunismo e i Nuclei comunisti rivoluzionari. I primi, tra il 2001 e il 2003, hanno attaccato con finti ordigni o bombe rudimentali l'assessore regionale alla Sanità Carlo Borsani (An), due sedi della Cisl, un'agenzia di lavoro interinale e due fabbriche, una filiale Fiat e la Mivar; gli Ncr, nel maggio 2003, hanno sparato contro la federazione di Forza Italia. Due gruppi per ora introvabili, come la redazione-covo di Aurora. Magari dietro ci sono le stesse persone. E qualcuno di loro potrebbe essere passato dalla Panetteria occupata, il centro sociale più temuto di Milano. Più del Villa Litta e del Transiti 28, più controllato dei Comitati proletari per il comunismo.

In via Conte Rosso 20, dietro la stazione di Lambrate, ci sono una saracinesca perennemente abbassata e una porticina di ferro. Gli occupanti si fanno vedere poco in giro. L'ultima manifestazione che hanno organizzato è quella del 25 settembre a favore del popolo iracheno. Un gruppetto che non si vergogna a gridare slogan come «10-100-1000 Nassiriya», riferendosi alla strage di carabinieri dello scorso novembre. Dietro l'attività della Panetteria ci sono ex militanti della Walter Alasia come Antonio Paiella e Ada Negroni o l'ideologa Aurora (ma il nome è solo una coincidenza) Betti Pasqua. Quasi di casa è anche Chokri Al Jawazneh, 38 anni, leader dell'Udap («Unione democratica arabo palestinese»), oltre che uomo di punta in Italia del radicale Fronte popolare per la liberazione della Palestina, il cui braccio armato sono le sanguinarie Brigate Abu Alì Mustafà. A fine settembre era lui ad arringare i manifestanti, megafono alla mano.

Resistenza palestinese ed eversione di matrice marxista sono due mondi che si erano già avvicinati negli anni 70 con i noti scambi di favori e di armi tra le Br e l'Organizzazione per la liberazione della Palestina di Yasser Arafat. Un altro inquietante déjà-vu nella Milano del terzo millennio.

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