Da L'Unità del 26/06/2005
Fu alto tradimento. Oggi è una questione di dignità nazionale
di Daria Bonfietti
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27 giugno 1980. Sono passati venticinque anni da quella tragica serata: un aereo, il DC 9 Itavia, viaggia regolarmente da Bologna a Palermo, sono a bordo 81 persone, 64 passeggeri adulti, 11 ragazzi tra i dodici e i due anni, due bambini di età inferiore ai 24 mesi e 4 uomini d'equipaggio. Durante il volo non è segnalato alcun problema, ma, poco prima delle 21, si perdono le tracce radar: il velivolo è precipitato, spezzando tante esistenze. .
Credo che in questo venticinquesimo anniversario sia giusto ricordare le vittime innocenti e il lungo e faticoso cammino che ha portato alla verità, ma che soprattutto sia finalmente necessario leggere questi h avvenimenti tragici come una pagina significativa della storia del nostro Paese.
Noi oggi sappiamo che«l'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento». Dunque è stata spezzata la vita a innocenti cittadini «con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto».
Nessuno ha dato la minima spiegazione: questa affermazione non può cadere nell'indifferenza, non deve essere sopportata dalla nostra coscienza civile. Dobbiamo chiedere con forza perché le nostre Istituzioni non trovano la forza, per questi morti, ma ancora più per la dignità vera di questo nostro Paese, di pretendere spiegazioni. Ci si deve muovere; la strada per iniziare è quella indicata dalla denuncia dei giudici, dall'evidenza dei fatti, dalla logica degli avvenimenti. I giudici hanno sempre segnalato di aver avuto, su alcuni punti determinanti, risposte non sufficienti da Usa, Francia e Libia. A cominciare da questi stati deve essere aperto un confronto chiarificatore che non può essere affrontato con un lavorio diplomatico burocratico, rassegnato e senza mordente. Gli organismi internazionali debbono essere coinvolti, tutte le occasioni debbono essere sfruttate per avere chiarimenti e risposte
Oggi sappiamo che, nel 1980, all'interno dell'Aeronautica, lo Stato Maggiore ha commesso il reato di alto tradimento : l'Arma era la sola organizzazione pienamente a conoscenza della struttura del sistema radaristica e che quindi con il suo «sapere» è stato deliberatamente impiegato per condizionare ogni indagine.
E quindi a partire da quei giorni è stato messo in atto un progetto - non è più possibile affermare il contrario nè chiamarlo in altro modo - che prevedeva la sistematica distruzione di ogni prova dei prodromi e del seguito dell'incidente che ha avuto una sistematica attuazione. Il progetto sicuramente è stato portato avanti negli anni, almeno fino alla fine del 1995 quando è stata rinvenuta nella disponibilità piena e consapevole dello Stato Maggiore dell'Aeronautica documentazione di cui era negata l'esistenza.
Ma non dobbiamo dimenticare che già nel 1992 il Parlamento, con il lavoro della Commissione stragi del Presidente Gualtieri, aveva indicato al Governo le responsabilità delle istituzioni militari.
Gli esecutivi che si sono succeduti in questi lunghissimi anni non hanno voluto o non hanno saputo intervenire, sono stati spettatori colpevolmente inerti dei comportamenti militari.
Ma hanno fatto ancora di peggio: hanno permesso che ai vertici dell'Aeronautica si realizzasse la «precisa determinazione» che ha voluto che tanti implicati nella negazione della verità raggiungessero addirittura il vertice di una così importante Istituzione della Repubblica. Evidentemente in assoluta mancanza di una provata lealtà istituzionale, ma a prosecuzione di un impegno contro la trasparenza.
Bisogno parlare di Ustica facendo in modo che la verità tanto faticosamente conquistata non diventi inizio di rimozione, ma stimolo per continuare con più determinazione.
Da questa tragica vicenda, letta come pagina della nostra storia recente, emergono elementi che debbono portare a considerazioni significative sul ruolo che vuole avere il nostro Paese, nella difesa dei suoi diritti e di quelli dei suoi cittadini, nel contesto internazionale e sulla esigenza di rapporti corretti e trasparenti tra Parlamento, Governo e apparati militari
Questa pagina la politica deve affrontare.
Le Istituzioni del nostro Paese debbono avere la forza di prendersi le proprie responsabilità. L'opinione pubblica ha fatto il suo dovere, la società civile, in questi lunghi anni, ha mostrato il suo impegno e la sua determinazione per la verità, la magistratura, pur in presenza di fase alterne, ha fatto la sua parte: nell'ambito delle sue competenze ha tracciato uno scenario degli avvenimenti e delle macchinazioni per nasconderne l'evidenza.
Manca un ulteriore sforzo, una decisa presa di responsabilità politica.
I parenti delle vittime che sentono di aver compiuto, con il conforto e l'aiuto di tanti, il loro dovere - hanno voluto cercare, con la dignità dei cittadini, nel rispetto della legge, la verità sulla morte dei loro cari- chiedono ancora. Chiedono di conoscere tutto di quella notte, ma oggi con ancor più forza chiedono ragione dei comportamenti di questi lunghi anni, chiedono che ora siano le Istituzioni a fare fino in fondo il loro dovere. Lo chiede, credo, la coscienza civile del Paese.
Ustica diviene dunque non solo un impegno per la verità, ma ora ancor più un impegno per la difesa della dignità nazionale.
Credo che in questo venticinquesimo anniversario sia giusto ricordare le vittime innocenti e il lungo e faticoso cammino che ha portato alla verità, ma che soprattutto sia finalmente necessario leggere questi h avvenimenti tragici come una pagina significativa della storia del nostro Paese.
Noi oggi sappiamo che«l'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento». Dunque è stata spezzata la vita a innocenti cittadini «con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto».
Nessuno ha dato la minima spiegazione: questa affermazione non può cadere nell'indifferenza, non deve essere sopportata dalla nostra coscienza civile. Dobbiamo chiedere con forza perché le nostre Istituzioni non trovano la forza, per questi morti, ma ancora più per la dignità vera di questo nostro Paese, di pretendere spiegazioni. Ci si deve muovere; la strada per iniziare è quella indicata dalla denuncia dei giudici, dall'evidenza dei fatti, dalla logica degli avvenimenti. I giudici hanno sempre segnalato di aver avuto, su alcuni punti determinanti, risposte non sufficienti da Usa, Francia e Libia. A cominciare da questi stati deve essere aperto un confronto chiarificatore che non può essere affrontato con un lavorio diplomatico burocratico, rassegnato e senza mordente. Gli organismi internazionali debbono essere coinvolti, tutte le occasioni debbono essere sfruttate per avere chiarimenti e risposte
Oggi sappiamo che, nel 1980, all'interno dell'Aeronautica, lo Stato Maggiore ha commesso il reato di alto tradimento : l'Arma era la sola organizzazione pienamente a conoscenza della struttura del sistema radaristica e che quindi con il suo «sapere» è stato deliberatamente impiegato per condizionare ogni indagine.
E quindi a partire da quei giorni è stato messo in atto un progetto - non è più possibile affermare il contrario nè chiamarlo in altro modo - che prevedeva la sistematica distruzione di ogni prova dei prodromi e del seguito dell'incidente che ha avuto una sistematica attuazione. Il progetto sicuramente è stato portato avanti negli anni, almeno fino alla fine del 1995 quando è stata rinvenuta nella disponibilità piena e consapevole dello Stato Maggiore dell'Aeronautica documentazione di cui era negata l'esistenza.
Ma non dobbiamo dimenticare che già nel 1992 il Parlamento, con il lavoro della Commissione stragi del Presidente Gualtieri, aveva indicato al Governo le responsabilità delle istituzioni militari.
Gli esecutivi che si sono succeduti in questi lunghissimi anni non hanno voluto o non hanno saputo intervenire, sono stati spettatori colpevolmente inerti dei comportamenti militari.
Ma hanno fatto ancora di peggio: hanno permesso che ai vertici dell'Aeronautica si realizzasse la «precisa determinazione» che ha voluto che tanti implicati nella negazione della verità raggiungessero addirittura il vertice di una così importante Istituzione della Repubblica. Evidentemente in assoluta mancanza di una provata lealtà istituzionale, ma a prosecuzione di un impegno contro la trasparenza.
Bisogno parlare di Ustica facendo in modo che la verità tanto faticosamente conquistata non diventi inizio di rimozione, ma stimolo per continuare con più determinazione.
Da questa tragica vicenda, letta come pagina della nostra storia recente, emergono elementi che debbono portare a considerazioni significative sul ruolo che vuole avere il nostro Paese, nella difesa dei suoi diritti e di quelli dei suoi cittadini, nel contesto internazionale e sulla esigenza di rapporti corretti e trasparenti tra Parlamento, Governo e apparati militari
Questa pagina la politica deve affrontare.
Le Istituzioni del nostro Paese debbono avere la forza di prendersi le proprie responsabilità. L'opinione pubblica ha fatto il suo dovere, la società civile, in questi lunghi anni, ha mostrato il suo impegno e la sua determinazione per la verità, la magistratura, pur in presenza di fase alterne, ha fatto la sua parte: nell'ambito delle sue competenze ha tracciato uno scenario degli avvenimenti e delle macchinazioni per nasconderne l'evidenza.
Manca un ulteriore sforzo, una decisa presa di responsabilità politica.
I parenti delle vittime che sentono di aver compiuto, con il conforto e l'aiuto di tanti, il loro dovere - hanno voluto cercare, con la dignità dei cittadini, nel rispetto della legge, la verità sulla morte dei loro cari- chiedono ancora. Chiedono di conoscere tutto di quella notte, ma oggi con ancor più forza chiedono ragione dei comportamenti di questi lunghi anni, chiedono che ora siano le Istituzioni a fare fino in fondo il loro dovere. Lo chiede, credo, la coscienza civile del Paese.
Ustica diviene dunque non solo un impegno per la verità, ma ora ancor più un impegno per la difesa della dignità nazionale.
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Documenti
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27 giugno 1980
Elenco completo delle 81 vittime della strage di Ustica I passeggeri e personale di bordo del volo dell'Itavia numero 870 |
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In Rete
Pagina dedicata alla strage di Ustica da Sandro Provvisionato.
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Un archivio storico-giornalistico frutto del lavoro di due cronisti, Fabrizio Colarieti e Daniele Biacchessi, che "raccoglie documenti di cui è accertata la provenienza e di cui viene sempre citata la fonte" sulla strage di Ustica del 27 giugno 1980 e su quella alla stazione di Bologna del 2 agosto dello stesso anno. In costruzione una nuova sezione dedicata alle bombe del 1993 a Roma, Firenze e Milano.
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Sito curato da Stefano Bizzarri. Un contributo alla memoria per non smettere mai di pretendere la verità.
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The aircraft crashed into the Tyrrhenian Sea near Ustica, Italy at about 1900hrs GMT while on a flight from Bologna to Palermo. Many theories as to the cause of the accident have been entertained, including the possible involvement of Italian and Libyan fighter jets, which were operating in the area around the time of the accident. Another theory hypothesizes that United States forces, while targeting the Lybian fighter jets in the area, may have accidently downed the DC-9.
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Interessante e approfondito dossier che ricostruisce i fatti di Ustica. Ricco di foto e illustrazioni, è curato dal notiziario locale fiorentino "Nove da Firenze". Da non perdere.
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Sito di presentazione dell'omonimo libro.
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Guglielmo Sinigaglia è stato testimone della strage.
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di Luigi Di Stefano edito da Vallecchi, 2005
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di Giuseppe Zamberletti edito da Franco Angeli, 1995
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di Daniele Biacchessi, Fabrizio Colarieti edito da Pendragon, 2002
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di Daniele Del Giudice edito da Einaudi, 1994
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