Da Corriere della Sera del 22/04/1978

Come giudica l'ultimatum delle Br la frangia dell'estrema sinistra

di Giuliano Zincone

ROMA - Trentacinque giorni di teatro della crudeltà, dopo la strage di via Fani: lettere, minacce, proclami, condanne a morte. Come ha reagito il movimento? Il cosiddetto "brodo di cultura" delle Brigate rosse , si è annacquato o si è irrobustito? Abbiamo rivolto queste domande ai redattori di Radio Città Futura (emittente in sintonia con Democrazia Proletaria e con quella parte del movimento che non si riconosce nei comportamenti degli autonomi), a Riccardo Tavani, uno dei capi di via dei Volsci, e ad alcuni rappresentanti di Lotta Continua, il quotidiano che da tempo ha aperto un dibattito coi suoi lettori sul problema del terrorismo. Radio Città Futura "Ogni giorno - dice un redattore - riceviamo centinaia di telefonate di compagni. I militanti, in genere, condannano l'azione delle Br, soprattutto per i riflessi politici e per le repressioni massicce che ha causato. Gli ascoltatori dei ceti popolari hanno espresso pietà per gli agenti uccisi, poi sono passati a criticare la stampa borghese, che usa due pesi e due misure di fronte alla morte, dando risalto al dramma di Moro e della sua scorta, e dedicando poche notizie ai compagni milanesi assassinati presso il circolo Leoncavallo. La denuncia dell'ipocrisia borghese è unanime: da una parte il governo sostiene che non si deve trattare per liberare Moro, dall'altra monta una campagna umanitaria certamente insincera. E contemporaneamente scatena la caccia ai covi: tutto questo fa pensare ad un'azione orchestrata per liquidare il presidente Dc, per impedire il contatto tra la sua famiglia e i brigatisti, per spingere le Br a eliminarlo. E intanto cresce la repressione, passano le leggi speciali: la borghesia cerca il consenso mobilitando l'opinione pubblica non solo contro i terroristi, ma contro tutti quelli che criticano l'accordo a cinque. Qualche compagno dice che il Pci è "obiettivamente connivente" con le Br, nel senso che, quando Lama sostiene che chi si batte contro gli straordinari sostiene il terrorismo, criminalizza il movimento di opposizione, gli impedisce di esprimersi, crea la terra bruciata. E queste sono condizioni ideali per la crescita delle Br". Un altro redattore, Gianni: "Ieri ci hanno telefonato due democristiani, facendo discorsi concilianti, presentandosi come vittime. Molti compagni gli hanno risposto, una donna ha detto: “Non vi fate fregare. I Dc si presentano vestiti da agnelli, e intanto i loro apparati repressivi danno la caccia ai compagni". Ciccio: "Sui brigatisti, il giudizio è sempre stato netto. Certamente non fanno gli interessi del proletariato. La loro logica da colonnelli indebolisce il nostro movimento, non lo Stato. Il nemico principale delle Br è lo Stato, ma il nemico principale dello Stato è il movimento di opposizione e di lotta. I terroristi non fanno altro che dare allo Stato, ai partiti, alle organizzazioni sindacali, il pretesto per accanirsi contro il movimento". Sulla lotta armata, i redattori di RCF non esprimono "giudizi astratti". Le battaglie partigiane erano giuste, un'azione come quella di via Rasella si doveva fare, dicono. Ma oggi, in concreto, chi compie rapimenti e attentati, permette al potere di trovare consensi, e di usarli "per far passare la politica dei sacrifici", per impedire all'opposizione di "crescere e lottare per i propri bisogni". Aggiunge Ciccio: "Noi non vediamo il processo rivoluzionario come un bagno di sangue, anche se sappiamo che la conquista del potere non può essere pacifica, perché chi comanda difenderà con le armi i propri privilegi. Ma quello che è più grave è che le Br, con il loro sequestro, mostrano chiaramente il progetto della società che intendono costruire: un progetto che comporta la repressione violenta del dissenso. Noi non vogliamo i Gulag, non vogliamo le purghe staliniane. Le Br sì". Gianni: "Molti compagni telefonano dicendo che tutto l'affare Moro viene usato come un'enorme cortina fumogena per coprire i problemi reali del paese, dalla disoccupazione alla ristrutturazione selvaggia. Molti credono che il governo voglia creare da una parte un martire e dall'altra un arcinemico, per arrivare a una pace sociale forzata, per attaccare non i terroristi, ma la classe operaia e le sue avanguardie". Ciccio: "Lo slogan “Né con lo Stato né con le Br” è un po' criticato in alcuni settori del movimento. La maggioranza preferisce dire: “Contro lo Stato, ma con le Br”. I militanti pensano che tanto le direzioni sindacali quanto le Brigate Rosse tendono a sostituirsi alla volontà del proletariato e al suo desiderio di prendere in mano le lotte in modo autonomo, senza delegare niente né ai riformisti né a chi si erge arbitrariamente a tribunale del popolo". Riccardo Tavani (via dei Volsci). "Anche noi abbiamo la nostra radio (Onda Rossa), sentiamo molti compagni dell'autonomia, facciamo assemblee. Quando i compagni hanno letto il “comunicato numero 6”, quello della condanna a morte, ci hanno trovato una conferma dei giudizi che avevano espresso tante volte. Le Br, in sostanza, confessano la sconfitta della loro linea e della loro pretesa di spostare qualche consenso con un interrogatorio. Le Br ammettono che non c'è bisogno di rivelazioni, perché i proletari conoscono già l'operato della Dc, avendolo vissuto sulla loro pelle. Ma noi l'abbiamo sempre detto che la lotta politica si fa con le masse, e non con i sequestri e i processi. Abbiamo sempre detto che non riconosciamo a nessuno il diritto di compiere azioni militari per conto del proletariato". Per quel che riguarda la "condanna a morte", gli autonomi di via dei Volsci non hanno dubbi: "E' una mossa delle Br per imporre con più forza uno scambio dei prigionieri. Noi, naturalmente, siamo favorevoli a questo scambio, soprattutto perché la morte di Moro innescherebbe meccanismi repressivi tali da minacciare anche fisicamente il movimento. Il prezzo lo pagheremmo noi, non le Br. L'esecuzione della condanna farebbe comodo allo Stato, che infatti non fa niente per impedirla". Sul rapimento, questo gruppo di autonomi ha sempre dato un giudizio negativo perché, "secondo la logica delle Br, non investe la coscienza delle masse, ma premia solo la soggettività di una élite rivoluzionaria. Ma allora, obiettiamo, che cosa significano quelle tre dita a forma di pistola che agitate nelle manifestazioni? "Il nostro concetto di rivoluzione non è pacifista - risponde Tavani - ma riteniamo che un progetto rivoluzionario può fondarsi solo sulla partecipazione di larghe masse, che sappiano come, quando e perché intendano muoversi". Domandiamo come reagirebbero gli autonomi se Moro fosse ucciso. "Viviamo in una realtà dove di morti se ne vedono tanti - è la risposta - . I compagni ammazzati dai fascisti, dalla polizia, vittime del lavoro a migliaia. Gli operai non piangono, quando le Br sparano alle gambe di un dirigente. Noi non piangiamo per la morte di nessun nemico del proletariato. Ma le sentenze di morte non le emettiamo noi. Noi non crediamo che con questi attentati si risolvano i problemi dei lavoratori". Ancora una domanda: ritiene che, tra i giovani e i marginali, le Br stiano raccogliendo molti consensi? Tavani risponde seccamente: "Qualcuno approva i terroristi, ma in generale, per quello che insegnano le esperienze passate, so che le Br hanno sempre suscitato repulsione, anche al loro interno". Lotta Continua. Parlano Enzo Piperno e Gad Lerner. "Il nostro giornale - dice Piperno - si è battuto fin dall'inizio per la salvezza di Moro, per le trattative. Abbiamo anche pubblicato un appello che ci è arrivato quasi direttamente dalla famiglia del presidente Dc. Le lettere al quotidiano e i dibattiti hanno mostrato che alcune fasce di lettori erano contrarie all'atteggiamento della redazione. Qualcuno ha obiettato “Moro è responsabile delle stragi di Stato, del sistema che produce gli omicidi bianchi, perché dobbiamo batterci per la sua vita?”. Altri hanno scritto che di Moro se ne fregano, i più duri hanno insistito: “E' un nemico di classe, è giusto che sia ucciso” ". Lerner: "Per capire le reazioni di questi compagni, bisogna conoscere la loro storia, i prezzi che hanno pagato. La gente che ho visto piangere per la morte di Walter Rossi, difficilmente sarà d'accordo con la nostra campagna. Gli studenti dell'Istituto tecnico Armellini ci hanno portato addirittura un comunicato di protesta contro l'appello umanitario uscito sul giornale. Ma un compagno dell'Armellini, Pietro Bruno, è stato ammazzato dai carabinieri". La maggioranza dei militanti, secondo Lerner, "si sente estranea alla lotta dei processi e a chi si arroga diritto di comminare la pena di morte in nome di chissà chi". Su molti, tuttavia, pesa ("come pesa sulla base del Pci") un passato di cultura e di linguaggio comuni, e il fatto che "parecchi br avevano un rapporto diretto con l'espressione rivoluzionaria del '68, nella quale anche noi ci riconosciamo". Però Lotta Continua e il movimento "hanno rotto i ponti con una concezione politica (comune al Pci e alle Br) che mette al primo posto la ragion di partito e la militanza intesa come dedizione e sacrificio di sé. E hanno rotto con una morale per cui il fine giustifica sempre i mezzi. Per questo i nostri militanti esprimono livelli di umanità superiori a quelli dei politici di professione: il fatto di essere sganciati dal concetto di ragion di Stato ci permette di tenere in conto anche la vita di un nostro nemico". A giudizio di Lerner "i politici di professione" hanno, invece, già deciso per il peggio: "La Dc vuole Moro morto - dice - . Ha tenuto sotto sequestro la famiglia impedendole di operare per la liberazione. Di fronte al patriottismo di partito, la vita umana passa in seconda linea". A quale scopo, domandiamo, la Democrazia cristiana spenderebbe tutto questo cinismo? "Noi - dice Lerner - crediamo che Moro abbia scritto le sue lettere in stato di costrizione. Siamo contro il fermo di Ps, e siamo anche contro il fermo di Br: sappiamo cosa significhi l'oppressione e la galera. Però i messaggi di Moro erano intelligenti. Esprimevano lucidamente una teoria della mediazione, un rifiuto della brutalità e della caccia all'uomo. Questa lucidità, questa tolleranza è troppo scomoda per i partiti, troppo imbarazzante. Molto più comodo è un Moro assassinato, martire, utile per suscitare simpatie e solidarietà, per far passare più facilmente leggi repressive eccezionali, per avviare una tappa ulteriore della trasformazione dello Stato in senso autoritario".

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