Da Corriere della Sera del 12/08/2005

Il Sisde rivaluta il linguaggio delle Br

L’analisi sulla rivista dell’Intelligence: «Non era delirante, conteneva riflessioni»

Un articolo di Pio Marconi, ex Csm, sui documenti degli anni ’70: capirono le trasformazioni delle società industriali

di Maurizio Caprara

ROMA—«Si è riunita a Palazzo Curcio la Direzione Strategica delle Brigate Rosse...». Quando il giornale satirico Il Male, verso la fine degli Anni Settanta, ricorse a frasi del genere in una fantacronaca sui decenni successivi, nessuno avrebbe creduto che la realtà avrebbe potuto accostarsi davvero a un certo tipo di immaginazione. Renato Curcio, allora, era un brigatista in carcere.Ariunirsi a Palazzo Cenci Bolognetti, in piazza del Gesù, era ancora la direzione della Democrazia cristiana. Oggi che la Dc non esiste più, che Curcio è pressoché ignoto alle giovani generazioni, che pochi ricordano la bizzarria del Male, una sorpresa arriva da una pubblicazione che di satirico non ha alcunché. Su Gnosis, la «rivista italiana di Intelligence » del Sisde, servizio segreto civile formato nel 1977 per combattere il terrorismo, uno degli articoli principali riabilita alcuni criteri con i quali, una trentina di fa, le Br analizzarono la società italiana e le sue dinamiche di potere.
La più importante delle categorie interpretative che viene presa sul serio è quella dello Sim, lo Stato Imperialista delle Multinazionali a cui i brigatisti attribuivano poteri superiori agli Stati veri e propri. Una delle categorie più osteggiate e derise nel dibattito politico dell’Italia del tempo. «L’acronimo e il concetto di Stato imperialista delle multinazionali sono stati sottoposti a critiche serrate e a potenti sbeffeggiamenti. In tale definizione si è vista spesso la prova della natura delirante della analisi e della progettazione brigatista », ricapitola Gnosis. Ma commenta: «Per la verità le Br, forse proprio per aver osservato assolutamente dall’esterno la vita politica ufficiale e l’economia, danno prova di aver compreso precocemente alcuni fenomeni di trasformazione delle società industriali ».
Autore dell’articolo è una persona che la sinistra l’ha conosciuta da dentro: Pio Marconi, ordinario di Sociologia del diritto alla «Sapienza». Negli anni Sessanta era trotzkista. Fu segretario della Federazione giovanile comunista di Roma, poi passò al Manifesto. Più tardi, è stato membro del Consiglio superiore della magistratura e dell’Assemblea nazionale del Psi di Bettino Craxi.
Sia chiaro: l’articolo non assolve le Br dalle loro colpe, dalle «azioni sanguinose» prive di «qualsiasi legittimazione». Ma Marconi riesamina due risoluzioni della Direzione strategica, quelle dell’aprile 1975 e del febbraio 1978, più i comunicati diffusi durante il sequestro di Aldo Moro con un distacco allora raro. E constata che «alcuni fenomeni sommariamente condensati nell’acronimo dello Sim» nel decennio seguente «diventeranno però di patrimonio comune» anche «in quegli ambienti che definivano delirio il ragionare brigatista: la preminenza dell’esecutivo, la decisione come criterio di semplificazione della complessità sociale, la funzione dei tecnici nella gestione della cosa pubblica, (...) l’impegno della grande imprenditoria nella politica, l’erosione della sovranità provocata dalla mondializzazione».
Secondo Marconi, «i dati sui quali lavorano le Br sono reali». Neanche l’idea di portare «l’attacco al cuore dello Stato» viene considerata troppo irrealistica. L’analisi del professore, sostiene la rivista del Sisde nell’introduzione, «dimostra che il pensiero politico brigatista non era affatto distaccato dalla realtà» e «se le Br sono state sconfitte lo si deve a chi evitò letture superficiali del loro messaggio».
Per paradosso, Marconi prende sul serio un altro aspetto del progetto brigatista, il Movimento di resistenza proletario offensivo (Mrpo o Mpro) più di quanto abbia fatto uno che tentò di svilupparlo. Nel suo libro La peggio gioventù, Valerio Morucci è stato categorico: «L’Mpro era un bluff».
Annotazioni − L'abstract dell'articolo apparso su Gnosis:

Il sequestro Moro - Una strategia allo specchio di Pio MARCONI


Negli anni '70, quando si affacciarono sul panorama politico italiano, le Brigate Rosse tentarono di spiegare il loro progetto rivoluzionario con documenti che la quasi totalità dei mass-media definiva "deliranti".Questo approccio di giornalisti e politologi è stato non soltanto sbagliato ma anche foriero di una pericolosa sottovalutazione del fenomeno B.R. e delle sue capacità di far presa su alcune fasce della nostra società, pronte ad assecondare le scorciatoie ribellistiche proposte dal terrorismo. L'analisi che il Prof. Marconi ci propone dei testi B.R. di quegli anni, dimostra che il pensiero politico brigatista non era affatto distaccato dalla realtà. La decisione di attaccare, con strumenti criminali come il rapimento e l'omicidio, il cuore dello Stato aveva una sua coerenza progettuale tutt'altro che folle. La stessa analisi dei caratteri dello "Stato Imperialista delle Multinazionali" può ritenersi per nulla superficiale se è vero che anticipa alcune visioni successive dei problemi derivanti dalla globalizzazione. Colpendo Aldo Moro le B.R. non compiono soltanto un delitto, ma arrivano a mettere pericolosamente in crisi (ed è proprio questo che volevano) gli equilibri fondamentali dei complessi rapporti politici, sociali ed economici che tentavano di pilotare il nostro paese al di fuori delle tensioni interne ed internazionali di quegli anni. Se le B.R. sono state sconfitte lo si deve anche a chi evitò letture superficiali del loro messaggio e predispose serie e coerenti risposte politiche, sociali ed operative.

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