Da L'Opinione del 17/05/2007

Intervista a Valerio Fioravanti

Storia del terrorismo, storia di tradimenti

di Dimitri Buffa

Non potrebbe essere stato il terrorista Ilich Ramirez Sanchez, in arte Carlos, l’autore della strage di Bologna? La domanda sorge spontanea non solo per le ipotesi di lavoro già formulate dal consulente della commissione Stragi e poi della Mitrokhin Gian Paolo Pelizzaro e dal magistrato Lorenzo Matassa, ma anche dalla notizia giunta pochi giorni fa che il giudice francese Jean Louis Bruguiere ha appena rinviato a giudizio proprio Carlos e la sua organizzazione chiamata “Separat” per una serie di attentati dinamitardi avvenuti su treni in Francia tra il 1982 e il 1983 che fecero registrare undici morti e cento feriti. Le modalità ricordano da vicino quelle dell’attentato alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 e se si calcola che quel giorno proprio due terroristi della struttura di Carlos risultavano presenti a Bologna si stenta a credere che questa ipotesi investigativa non sia mai stata presa in considerazione dalla magistratura di Bologna. Anche dell’ipotesi Carlos per Bologna si parla nel libro di Andrea Colombo, “Storia nera”, ispirato alle vicissitudini esistenziali di Valerio Fioravanti e a quella di sua moglie Francesca Mambro, nella galassia della lotta armata di destra.

Presentando questo libro in Tv hai detto che non ci sarebbe stato alcun bisogno negli anni '70 che due generazioni giovanili contrapposte scendessero in piazza in armi e poi confluissero nella lotta armata perché tanto l'Italia vera che lavorava e studiava avrebbe potuto portare al cambiamento anche senza di loro. Puoi ribadire questo concetto?
“Io credo sia molto scorretto dire che una intera generazione “ha fatto gli anni di piombo”. È una scusa che si danno gli ex terroristi o i molti cattivi maestri come per dire che la violenza era nell’aria, era inevitabile. Io invece credo che solo una piccola percentuale della nostra generazione si sia lasciata coinvolgere dalla violenza. Forse un 5, al massimo un 10%.
E siccome intere nazioni hanno avuto enormi progressi politici e sociali senza passare per nessuna “prassi rivoluzionaria”, io mi limito a constatare che la pretesa dei rivoluzionari degli anni ’70 di essere stati centrali e insostituibili nella storia dell’Italia è priva di riscontri.”

Nel libro di Colombo i Nar vengono caratterizzati come i terroristi della Tv dei ragazzi. Veramente il modello esistenziale della tua generazione e dei giovani di destra era il Sandokan televisivo?
“No. Il libro riprende una piccola provocazione intellettuale che feci ai tempi di uno dei maxi processi. In Italia tutti facevano a gara a chi citava più sociologi, o filosofi, o frasi in latino per spiegare la genesi del terrorismo in Italia. Io dissi che, più semplicemente, il terrorismo poteva essere letto come il combinato disposto di una intellighenzia di sinistra che gridava continuamente alla corruzione (degli altri) e la Tv dei ragazzi, tutta ispirata ai romanzi di fine ‘800 o inizio secolo: Zorro, Robin Hood, Ivanhoe, la Freccia Nera, Sandokan, Michele Strogoff, la figlia del Capitano. Tutte storie dove il governatore è corrotto e cattivo, fino a quando non arriva il buono, di solito un nobile decaduto, che, indossata la mascherina nera del guerrigliero ante litteram, mette le cose a posto. Le due cose assommate, dissi, hanno fatto in modo che in mancanza di una guerra mondiale dove anche noi giovani potessimo fare la nostra parte, una guerra è stata inventata di sana pianta: la guerra civile, la guerra rivoluzionaria, la guerra contro il sistema.”

A tanti anni di distanza "proteggi" ancora tuo fratello Cristiano? Rimpiangi di non essere stato più egoista da giovane e quindi di non essertene restato a studiare in America?
“No, ma la storia del terrorismo è per sua natura anche una storia di tradimenti incrociati e stratificati. Noi abbiamo tradito quello che le nostre famiglie si attendevano da noi, abbiamo tradito il nostro paese, le nostre vittime sono state spesso colpite a tradimento. Poi ci sarebbe da riflettere su chi, ai gradini alti della politica, ha tradito noi, manovrando gli opposti estremismi. Poi c’è stato, ultimo della serie, e quindi meno importante, il tradimento all’interno dei singoli gruppi armati. Ma il tradimento, e l’opportunismo, e lo schierarsi di volta in volta con chi diventa il più forte del momento è una legge fissa del regno animale, e quindi anche di noi esseri umani che discendiamo dalle scimmie. Quanto ai rimpianti, è fatica persa. Quando ho qualche energia residua, preferisco guardare avanti.”

Questi movimenti neo fascisti che oggi rinascono e hanno per leader quegli stessi personaggi che ai tempi della strage di Bologna si vendettero i propri camerati in armi a quali riflessioni ti inducono?
“Nessuna. Sono cambiati i tempi. Una volta i “cattivi maestri” portavano i ragazzini a uccidere e farsi uccidere, e questo era gravissimo. Oggi i cattivi maestri non hanno più questo potere. Al massimo scatenano qualche piccola rissa, o scritte sui muri. Facessero quello che vogliono, abbindolassero chi vogliono. Vendono paccottiglia ideologica, io li vedo come dei Vanna Marchi della Rivoluzione, ma siccome i danni che fanno sono ormai limitatissimi, per me va bene così.”

Quale pista alternativa per te è più logica come movente per la strage di Bologna? Quella di Carlos o quella di Gheddafi? E perché?
“Le due ipotesi non sono in contrasto. Nel corso della sua lunga carriera Carlos ha servito quasi tutte le dittature dell’Europa dell’est e del mondo arabo, quindi, ancora oggi, anche rileggendo le carte con molta attenzione, è difficile tracciare una demarcazione netta.”

Pensi un giorno di arrivare al processo di revisione?
“Tecnicamente la revisione è una procedura quasi impossibile, e molto costosa. Ma non impossibile.”

Che peso rappresenta oggi per te essere stato un terrorista?
“Un peso sopportabile, se non altro perché non posso incolpare nessuno di scelte che sono state soltanto mie.”
Ritieni sia giusto chiedere ai reduci di fare un passo indietro e di non partecipare ossessivamente a dibattiti televisivi e sui giornali?
“Alla censura, che non produce mai un avvicinamento alla verità, preferisco la libertà della gente di cambiare canale, se vuole, o di passare alla pagina successiva del giornale.”

Come passi la vita di tutti i giorni?
“Come tutti, solo con l’obbligo di rientrare a casa prima delle 10 di sera.”

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