Da La Repubblica del 06/09/2007

Secondo gli esperti del Ris le tracce di saliva ritrovate sul corpo della ragazza appartengono a Ranieri Busco. Ma non si può stabilire a quando risale

Via Poma, colpo di scena dopo 17 anni. Indagato l'ex di Simonetta Cesaroni

Gli investigatori cauti: non è detto sia responsabile del delitto "Anzi, servirebbe un colpo di fortuna, che mai abbiamo avuto"

di AA.VV.

ROMA - Un mistero lungo diciassette anni. La morte di Simonetta Cesaroni in via Poma, a Roma, è un giallo mai chiarito, che ora si arricchisce di un nuovo colpo di scena: Raniero Busco, ex fidanzato della ragazza è indagato per omicidio volontario per l'uccisione con 29 coltellate della ragazza il 7 agosto 1990. Oggi è stata depositata la perizia disposta dal pubblico ministero. Dall'accertamento è emerso che sulla traccia di saliva individuata sul reggiseno indossato dalla vittima c'è il dna dell'ex fidanzato, come alcune indiscrezioni di alcuni mesi fa avevano anticipato.

Atto dovuto. L'iscrizione sul registro degli indagati di Busco, come si sottolinea in ambienti giudiziari, è un "atto dovuto", conseguente all'esito del deposito di una consulenza tecnica disposta dalla Procura su alcuni reperti. Dunque, ricordarlo è d'obbligo, non implica come diretta conseguenza che Busco sia il responsabile del delitto. "Anzi, servirebbe un colpo di fortuna, che mai abbiamo avuto", si commenta in ambiti giudiziari. E l'avvocato dell'indagato aggiunge: "Sarà scagionato".

Gli altri reperti. Pare, infatti, che l'esame delle piccolissime tracce di sangue rilevate dagli investigatori sul vetro dell'ascensore, nel lavatoio condominiale e su quelle biologiche rilevate su altri reperti riconducibili a Simonetta Cesaroni non abbia fornito risposte utili alle indagini. Anche altri reperti consegnati dai famigliari della ragazza agli investigatori, come un fermacapelli, non avrebbero fornito alcun elemento utile per l'indagine.

Difficoltà. Le tecniche scientifiche di oggi, nonostante siano più sofisticate di quelle usate diciassette anni fa, non sono però in grado di stabilire a quando risale quella traccia di saliva. Anche perché lo stesso Busco, interrogato all'epoca dagli investigatori, ammise di aver incontrato Simonetta il giorno prima della sua morte.

"Un primo passo". In sostanza il reperto di saliva deve essere ancora collocato sulla scena del crimine anche temporalmente. L'analisi del corpetto è stata fatta dal colonnello Luciano Garofano, comandante del Ris, e consulente del procuratore aggiunto Italo Ormanni e del pm Roberto Cavallone, titolari del fascicolo sull'omicidio Cesaroni. "La consulenza è comunque un primo passo di questa difficile indagine", fanno sapere in procura. Ma a questo punto dovranno essere riesaminati tutti gli atti. Gli investigatori contano che nuovi elementi in via di accertamento possano dare una svolta alla vicenda.

La verifica degli alibi. Ora l'attività investigativa si concentrerà sulla verificare di alcuni alibi, tra cui quello dello stesso Busco. Indiscrezioni sul nome dell'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni erano già filtrate lo scorso gennaio da un servizio mandato in onda da Canale 5 nella trasmissione Matrix. Il servizio costò l'iscrizione nel registro degli indagati per rivelazioni di segreto d'ufficio ed altro di Enrico Mentana, della giornalista Ilaria Cavo e di un perito sospettato di essere stato colui che comunicò ai giornalisti i particolari della vicenda.

La vicenda. Simonetta Cesaroni, 21 anni, fu trovata morta, uccisa con 29 coltellate, in via Poma 2 nell'ufficio dell'associazione degli Ostelli della gioventù, dove lavorava, la sera del 7 agosto. Figlia di un dipendente della Cotral, era al suo ultimo giorno in quell'ufficio. La ragazza era infatti dipendente di un'altra società, ma il suo datore di lavoro Salvatore Volponi, l'aveva "prestata" per un lavoro al computer dell'associazione.

La scena del delitto. Simonetta di solito tornava a casa verso le 20. Ma quella sera ritardava. Dopo l'allarme dato dalla sorella Paola, la ragazza fu trovata verso le 23,30 dentro gli uffici di via Poma, seminuda, uccisa da 29 colpi di un'arma da taglio, probabilmente un tagliacarte. Simonetta, non subì violenza carnale, e indossava solo una canottiera, arrotolata verso l'alto. Le scarpe riposte in un angolo. Gli altri vestiti scomparsi. Secondo alcuni, il segreto del delitto sarebbe stato custodito nel pc cui lavorava la giovane, ma la perizia informatica si rivelò infruttuosa.

Gli indagati. Furono due i principali indagati coinvolti nell'omicidio: si trattava di Federico Valle, nipote dell'ingegnere che progettò il palazzo di via Poma e che abitava nello stesso stabile, e Pietrino Vanacore, portiere dello stesso palazzo, che finì in carcere e poi venne scarcerato dopo pochi giorni. Il primo accusato di omicidio e il secondo di favoreggiamento, furono poi prosciolti da ogni accusa.

Il datore di lavoro. Nel registro degli indagati finì anche il datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi. A fine maggio, i pm avevano disposto un confronto tra l'uomo e la sorella della vittima. La notte del 7 agosto del '90 fu Paola, infatti, a chiamare Volponi per chiedergli informazioni. E l'uomo, che raccontò poi ai pm di non sapere dove si trovasse l'ufficio, chiamò il socio (in quei giorni in campeggio in Calabria) per conoscere l'indirizzo romano. Eppure, una volta giunti in via Poma, Volponi diede a Paola l'impressione di sapersi muovere con disinvoltura in quel dedalo di palazzi e, in particolare, nell'ufficio dove c'era Simonetta senza vita.

A smentire Volponi ci sarebbe anche Giuseppe De Luca, moglie di Vanacore: la donna disse agli investigatori di essersi convinta ad aprire il portone alla sorella della Cesaroni proprio perché conosceva Volponi, che quindi aveva già visto in altre occasioni. Il tanto atteso confronto in procura, però, si concluse con un nulla di fatto: l'ex datore di lavoro di Simonetta aveva preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Il suo sangue fu anche confrontato con le tracce ematiche rilevate nell'ufficio.

La verità di Volponi. In un libro dato alle stampe un paio di anni fa, Volponi ha spiegato che secondo lui il delitto è legato a una relazione che Simonetta aveva allacciato con un ragazzo conosciuto al mare, quando ormai era agli sgoccioli il rapporto con Busco. Quel ragazzo, però, è stato già interrogato ed escluso dalle indagini.

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