Da La Repubblica del 23/03/2006

A un anno dalla morte del Papa polacco, intervista all´ex direttore degli 007 Usa, Robert Gates

"Così la Cia aiutò Wojtyla a combattere il comunismo"

di Marco Politi

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Servizi segreti, spie e dintorniServizi segreti stranieri
Dottor Gates, nel 1978 la Cia - di cui lei è stato direttore - era consapevole, come lo erano i comunisti, dell´impatto che avrebbe avuto l´elezione di Giovanni Paolo II a livello politico globale?
«Credo che nessuno prevedesse realmente l´impatto che Karol Wojtyla avrebbe avuto come Papa. Da parte sovietica c´era nervosismo alla prospettiva di un polacco eletto al pontificato, e per questo forse i sovietici erano più consapevoli di quanto lo fossimo noi delle potenziali conseguenze che avrebbe comportato per loro un Papa attivista proveniente dalla Polonia, in quanto a nostro giudizio molto sarebbe dipeso dal tipo di politica e di attività intraprese dal Pontefice. Ma negli Usa noi avevamo una sorta di arma segreta nella persona del consigliere per la Sicurezza Nazionale Zbigniew Brzezinski, che aveva conosciuto Karol Wojtyla ai tempi in cui era arcivescovo di Cracovia. A mio avviso Brzezinski, cattolico, era conscio più di chiunque altro nel governo americano del potenziale impatto del nuovo Papa».
I servizi segreti polacchi tennero sotto osservazione i viaggi del Papa in Polonia durante la guerra fredda, quale fu la posizione della Cia e che effetto produssero quei viaggi?
«Il Papa ebbe un enorme impatto nel corso del suo primo viaggio in Polonia. Il fatto che milioni di polacchi affluissero a vederlo non fu solo testimonianza dell´importanza storica della chiesa cattolica in Polonia, dopo 40 anni di repressione comunista, ma anche dell´insoddisfazione dei polacchi sotto il governo comunista. Credo che la Cia ebbe un´idea del potenziale impatto della visita papale in Polonia nel momento in cui il governo polacco ne tenne segreto l´itinerario e le date, nella speranza di limitare al minimo l´afflusso di popolo».
«Venuti a conoscenza di questa intenzione creammo un dispositivo tecnico, un sistema di trasmissione contenibile in una valigia, che ad un certo punto si sovrappose all´emittente televisiva nazionale polacca e trasmise l´itinerario della visita papale. Non sapremo mai che impatto ebbe quell´espediente, ma è chiaro che l´affluenza di milioni di polacchi nella prima visita e in quelle successive ebbe un enorme effetto politico».
Mi parli del ruolo della Cia e delle foto scattate dal satellite e mostrate al Papa.
«Scattammo foto delle manifestazioni, delle folle accorse, e le condividemmo con il Vaticano. Condividemmo anche numerose informazioni di intelligence circa gli avvenimenti in corso nell´Europa dell´Est e in Unione Sovietica, gli sviluppi in campo missilistico, eccetera».
L´ex consigliere Richard Allen ha definito il rapporto tra il Vaticano e l´amministrazione Reagan «la più grande alleanza segreta della storia». Come si svolgeva la comunicazione a quel livello?
«Condividevamo informazioni sia con Sua Santità che con i massimi vertici del Vaticano, come il cardinale Casaroli ed altri. Condividevamo informazioni riguardo agli avvenimenti nell´Europa dell´Est, sugli sviluppi degli armamenti in Unione Sovietica, su ciò che reputavamo stesse accadendo in Urss. Si trattava in larga misura di uno scambio unilaterale di informazioni. Noi ne fornivamo una gran quantità, direi che dall´altra parte non c´era un gran ritorno. C´era molta discrezione da parte del Papa e di altri in Vaticano. Credo che definire il rapporto tra Usa e Vaticano come grande alleanza segreta sia un´esagerazione. A proposito della Polonia, in particolare, c´è chi sostiene che quando si trattò di sostenere Solidarnosc durante gli anni ‘80, dopo l´introduzione della legge marziale, si creò un´alleanza tra l´Afl-Cio, la confederazione del lavoro americana, il Vaticano e la Cia. La realtà è che tutti eravamo attivi in Polonia a sostegno di Solidarnosc, ma separatamente. Avevamo tutti buoni motivi per agire indipendentemente: per i nostri scopi nonché, francamente, per proteggere Solidarnosc. Quindi comunicavamo per evitare di scavalcarci e intralciarci, ma ciascuno agiva in autonomia, anche se in una maniera che nelle intenzioni era strumentale allo stesso fine».
Come comunicavate, per telefono?
«Il presidente Reagan inviava spesso in Vaticano Vernon Walters, ex vicedirettore della Cia, con foto scattate dal satellite e simili. Di tanto in tanto era il direttore della Cia Bill Casey a recarsi in Vaticano».
«Nel dicembre 1980 l´intelligence Usa venne a conoscenza grazie a ricognizioni satellitari di movimenti di blindati sovietici sul confine polacco. A partire dall´agosto 1980 nutrivamo gravi timori che con il crescere di Solidarnosc come movimento sindacale indipendente i sovietici fossero in procinto di invadere la Polonia come avevano fatto con la Cecoslovacchia nel 1968 e l´Ungheria nel 1956, e come avevano già minacciato di fare. Questi movimenti di truppe ci preoccupavano molto, l´atmosfera internazionale era molto esacerbata, molto ostile, e temevamo che i sovietici si sarebbero mossi per intimidire i polacchi o per invaderli effettivamente».
Le risulta che il 7 dicembre 1980 il consigliere per la Sicurezza Nazionale Brzezinski telefonò al papa in Vaticano per informarlo di ciò che stava accadendo?
Quel giorno si tenne una riunione del consiglio per la Sicurezza nazionale perché reputavamo che fosse alto il rischio di un´invasione da parte sovietica e vennero effettuate una serie di chiamate telefoniche dirette ai leader europei, nonché al Pontefice, per allertarli mettendoli a conoscenza dei nostri timori, e credo che sia stato Brzezinski a telefonare a Sua Santità.

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