23 dicembre 1984
4. Il crocevia eversivo e la strage del treno 904
Dalla relazione della Commissione Parlamentare sul Terrorismo.
Documento aggiornato al 24/02/2006
1. Sono quindi convergenti le indicazioni che spingono la Commissione ad affermare che una piena chiarezza sul contesto in cui venne ad inserirsi la strage bolognese, potrà venire soltanto da eventuali esiti cui condurranno inchieste ancora in corso che hanno ad oggetto la già individuata "zona grigia" che venne a costituirsi in ambito romano verso la fine degli anni '70: un crocevia eversivo non pienamente disvelato e di cui tuttavia può già riconoscersi la centralità nella storia occulta del periodo.
E', come già ricordato, un intreccio fitto di collusioni cui appaiono già allo stato riconducibili, almeno secondo consistenti ipotesi indagative, episodi che nel loro verificarsi sul piano della realtà apparente sembrarono l'uno dall'altro lontanissimi. Tali ad esempio, e senza pretesa di esaustività: l'omicidio Pecorelli; l'omicidio Calvi nei suoi collegamenti, non soltanto ambientali, all'affare Sindona; alcuni episodi solo apparentemente arginali che si attivarono intorno al sequestro dell'onorevole Moro; lo stesso omicidio Dalla Chiesa (230). E' un intreccio fitto non ancora disvelato tra ambigui protagonisti del mondo della finanza, uomini delle istituzioni, personale politico, affiliati alla loggia P2, settori dei Servizi, destra eversiva e criminalità organizzata. Innegabile appare alla Commissione nel periodo il ruolo sempre maggiore che nel piano occulto di realtà oggetto di indagine, assunse la principale associazione criminale esistente nel paese e cioè Cosa Nostra, nel suo ambiguo rapporto con settori istituzionali e politici. E' un "flusso carsico" le cui scaturigini remote la Commissione ha individuato (su basi documentali) sin nelle fasi fondative della Repubblica e che per un lungo periodo, allo stato attuale delle acquisizioni, è apparso silente o meglio protagonista di un flusso separato, sostanzialmente limitato al contesto siciliano. Non è dubbio peraltro che negli anni '70 e segnatamente nella seconda metà del decennio, l'attività criminosa di Cosa Nostra conobbe un salto di qualità direttamente collegato alle attività imprenditoriali del gruppo criminoso. Infatti, la esigenza di riciclare le risorse economiche provenienti principalmente dal ricavato dei nuovi e moderni sistemi di trattamento della cocaina (si è accertato che in quel periodo sorsero in Sicilia vere e proprie industrie dove la droga proveniente prevalentemente dalla Colombia e dal Sud America veniva trattata con procedimenti modernissimi, ottenendo così il prodotto qualitativamente migliore esistente sul mercato mondiale) richiedeva l'immissione di forti capitali in attività imprenditoriali di livello superiore: ciò che imponeva nuovi e più importanti collegamenti con il mondo imprenditoriale italiano ed internazionale. Fu così che i flussi di liquidità provenienti dai profitti del narcotraffico cominciarono a penetrare i grandi programmi di edilizia turistica e residenziale delle più importanti località italiane e straniere, e soprattutto intervennero massicciamente anche nel mondo delle banche e delle attività finanziarie. E' in tale periodo che Pippo Calò, nel suo già segnalato ruolo di uomo di frontiera, divenne operativo in Roma, stringendo rapporti con la criminalità locale, nella quale determinò un salto di qualità e i collegamenti ad ampio spettro di cui innanzi si è detto.
2. Alle complessive riflessioni della Commissione appare in tale direzione ricostruttiva estremamente significativo che l'ultima grande strage - quella del treno 904 (231) -, che chiude il periodo 69/84, abbia visto l'individuazione in Pippo Calò di uno dei suoi organizzatori. Trattasi di una vicenda giudiziaria che, non diversamente da quella relativa alla strage di Bologna, è stata definita da un giudicato che individua però soltanto alcuni dei responsabili, lasciando ancora nell'ombra un'ampia rete di complicità che indubbiamente deve ritenersi sia stata esistente. Nell'una e nell'altra vicenda ipotesi accusatorie volte all'individuazione di un più ampio ambito di responsabilità (232) non hanno retto al vaglio dibattimentale. Sicché restano non pienamente chiariti i contesti, probabilmente diversi, in cui le due stragi sono venute ad inserirsi e i più ampi disegni strategici cui le stesse sono state funzionali. In tale prospettiva apprezzabile - ma non pienamente appagante - appare l'ipotesi avanzata in sede giudiziaria con specifico riferimento alla strage del treno 904 secondo cui la stessa sarebbe stata una reazione di Cosa Nostra all'attivarsi della collaborazione di alcuni pentiti "storici" come Buscetta e Contorno; un tentativo cioè dell'associazione criminale di rinsaldare, mediante la minaccia di un salto qualitativo della sua azione offensiva, legami istituzionali che sembravano allentarsi o comunque posti in discussione dall'attivarsi di una nuova stagione, che poneva in crisi un antico patto armistiziale. In tale prospettiva la strage di Natale del 1984 sembra preannunciare una stagione successiva che abbraccia eventi (quali le stragi di Capaci e via D'Amelio e gli attentati dell'estate '93) che esorbitano dalle competenze della Commissione o comunque dagli ambiti della presente relazione.
E', come già ricordato, un intreccio fitto di collusioni cui appaiono già allo stato riconducibili, almeno secondo consistenti ipotesi indagative, episodi che nel loro verificarsi sul piano della realtà apparente sembrarono l'uno dall'altro lontanissimi. Tali ad esempio, e senza pretesa di esaustività: l'omicidio Pecorelli; l'omicidio Calvi nei suoi collegamenti, non soltanto ambientali, all'affare Sindona; alcuni episodi solo apparentemente arginali che si attivarono intorno al sequestro dell'onorevole Moro; lo stesso omicidio Dalla Chiesa (230). E' un intreccio fitto non ancora disvelato tra ambigui protagonisti del mondo della finanza, uomini delle istituzioni, personale politico, affiliati alla loggia P2, settori dei Servizi, destra eversiva e criminalità organizzata. Innegabile appare alla Commissione nel periodo il ruolo sempre maggiore che nel piano occulto di realtà oggetto di indagine, assunse la principale associazione criminale esistente nel paese e cioè Cosa Nostra, nel suo ambiguo rapporto con settori istituzionali e politici. E' un "flusso carsico" le cui scaturigini remote la Commissione ha individuato (su basi documentali) sin nelle fasi fondative della Repubblica e che per un lungo periodo, allo stato attuale delle acquisizioni, è apparso silente o meglio protagonista di un flusso separato, sostanzialmente limitato al contesto siciliano. Non è dubbio peraltro che negli anni '70 e segnatamente nella seconda metà del decennio, l'attività criminosa di Cosa Nostra conobbe un salto di qualità direttamente collegato alle attività imprenditoriali del gruppo criminoso. Infatti, la esigenza di riciclare le risorse economiche provenienti principalmente dal ricavato dei nuovi e moderni sistemi di trattamento della cocaina (si è accertato che in quel periodo sorsero in Sicilia vere e proprie industrie dove la droga proveniente prevalentemente dalla Colombia e dal Sud America veniva trattata con procedimenti modernissimi, ottenendo così il prodotto qualitativamente migliore esistente sul mercato mondiale) richiedeva l'immissione di forti capitali in attività imprenditoriali di livello superiore: ciò che imponeva nuovi e più importanti collegamenti con il mondo imprenditoriale italiano ed internazionale. Fu così che i flussi di liquidità provenienti dai profitti del narcotraffico cominciarono a penetrare i grandi programmi di edilizia turistica e residenziale delle più importanti località italiane e straniere, e soprattutto intervennero massicciamente anche nel mondo delle banche e delle attività finanziarie. E' in tale periodo che Pippo Calò, nel suo già segnalato ruolo di uomo di frontiera, divenne operativo in Roma, stringendo rapporti con la criminalità locale, nella quale determinò un salto di qualità e i collegamenti ad ampio spettro di cui innanzi si è detto.
2. Alle complessive riflessioni della Commissione appare in tale direzione ricostruttiva estremamente significativo che l'ultima grande strage - quella del treno 904 (231) -, che chiude il periodo 69/84, abbia visto l'individuazione in Pippo Calò di uno dei suoi organizzatori. Trattasi di una vicenda giudiziaria che, non diversamente da quella relativa alla strage di Bologna, è stata definita da un giudicato che individua però soltanto alcuni dei responsabili, lasciando ancora nell'ombra un'ampia rete di complicità che indubbiamente deve ritenersi sia stata esistente. Nell'una e nell'altra vicenda ipotesi accusatorie volte all'individuazione di un più ampio ambito di responsabilità (232) non hanno retto al vaglio dibattimentale. Sicché restano non pienamente chiariti i contesti, probabilmente diversi, in cui le due stragi sono venute ad inserirsi e i più ampi disegni strategici cui le stesse sono state funzionali. In tale prospettiva apprezzabile - ma non pienamente appagante - appare l'ipotesi avanzata in sede giudiziaria con specifico riferimento alla strage del treno 904 secondo cui la stessa sarebbe stata una reazione di Cosa Nostra all'attivarsi della collaborazione di alcuni pentiti "storici" come Buscetta e Contorno; un tentativo cioè dell'associazione criminale di rinsaldare, mediante la minaccia di un salto qualitativo della sua azione offensiva, legami istituzionali che sembravano allentarsi o comunque posti in discussione dall'attivarsi di una nuova stagione, che poneva in crisi un antico patto armistiziale. In tale prospettiva la strage di Natale del 1984 sembra preannunciare una stagione successiva che abbraccia eventi (quali le stragi di Capaci e via D'Amelio e gli attentati dell'estate '93) che esorbitano dalle competenze della Commissione o comunque dagli ambiti della presente relazione.